da Dott. Marco Sozzi | Apr 18, 2013 | Tutti gli articoli, uncategorized
L’aloe vera funziona: i dentifrici che la contengono sono utili per combattere la placca batterica e per migliorare la salute parodontale.
Cosma Capobianco
L’aloe vera funziona: i dentifrici che la contengono sono utili per combattere la placca batterica e per migliorare la salute parodontale. Una delle ultime ricerche a sostegno degli effetti benefici di questa pianta è apparsa sul Journal of Periodontology lo scorso giugno e riguarda una sperimentazione clinica su 90 pazienti con gengivite cronica generalizzata.
Che si tratti di una ricerca di buona qualità e affidabilità è dimostrato dal fatto che il protocollo seguito è di tipo prospettico, randomizzato e con un gruppo placebo. I pazienti sono stati casualmente divisi in tre gruppi: il primo usava un dentifricio placebo, il secondo usava quello con aloe vera e il terzo usava un dentifricio con fluoro e triclosan (un antibatterico di sintesi industriale). La valutazione clinica si è basata su elementi oggettivi (indice di placca, indice gengivale, conta batterica (rilevati all’inizio, a 6, 12 e 24 settimane) sia su una valutazione soggettiva dei pazienti mediante un questionario. I risultati del prodotto con aloe vera si sono dimostrati significativamente migliori rispetto al placebo e paragonabili a quelli del dentifricio con triclosan per quanto riguarda i parametri oggettivi. L’articolo di Pradeep promuove definitivamente l’aloe al ruolo di presidio efficace contro placca e gengiviti, eliminando i dubbi presenti fino a pochi anni fa.
L’aloe vera è nota fin dall’antichità per le sue proprietà benefiche di tipo antiflogistico; la ricerca moderna ha isolato dal suo estratto una serie di composti antrachinonici con azione antibatterica e antiflogistica, dei quali si è sperimentato l’effetto anche su altri disturbi orali come il lichen planus. L’aloe non è l’unica pianta alla quale si sono rivolte le attenzioni della ricerca: ci sono, infatti, almeno altre tre piante, Centella asiatica, Echinacea purpurea e Sambucus nigra (il sambuco, molto diffuso anche in Italia) sulle quali si dispone già di promettenti dati scientifici e clinici. La Centella asiatica è già stata sperimentata in forma di collutorio dando buoni risultati mentre Echinacea purpurea e Sambucus nigra hanno fornito risultati interessanti sotto forma di dischetti adesivi (patch) da applicare sulle gengive.
da Dott. Marco Sozzi | Apr 3, 2013 | Tutti gli articoli
Gli oli alimentari potrebbero essere utili nella prevenzione orale grazie alle loro proprietà bioadesive e idrofobe. Negli ultimi decenni si è posta sempre maggiore attenzione alla prevenzione e all’igiene orale ma, ciò nonostante, la carie e, soprattutto, le malattie parodontali rimangono ancora due sfide aperte.
Da questo punto di vista i lipidi potrebbero dare un aiuto prezioso impedendo l’adesione dei batteri sui tessuti orali e proteggendo i tessuti duri dall’attacco degli acidi. A livello sperimentale esistono già numerose conferme anche in vivo: per esempio, i materiali dentali con superficie idrofoba riducono la formazione del biofilm batterico. Un dato che ha messo in risalto anche la necessità di studiare di più i lipidi salivari, perché potrebbero giocare un ruolo importante nella predisposizione individuale alle più comuni patologie orali. La stessa necessità esiste anche sulla funzione svolta dai lipidi all’interno della pellicola che si deposita sulle superfici orali. Tra i dati sperimentali finora acquisiti uno dei più importanti riguarda la capacità di alcuni acidi grassi di inibire l’adesione batterica allo smalto e la correlazione tra contenuto lipidico della dieta e la composizione degli acidi grassi dello smalto. Sempre a livello sperimentale si è visto in un modello animale che con l’aggiunta di olio di arachidi a una dieta cariogenica si riduce l’incidenza di carie. Molto interessante è anche la capacità del comune olio di oliva di proteggere lo smalto dall’erosione; questa è stata dimostrata in vitro su denti estratti e ha rivelato una cosa interessante: l’emulsione di olio di oliva al 2% protegge i denti ma non l’olio di oliva puro. A corollario di questo dato c’è il risultato di un’altra ricerca in cui l’estrazione dei lipidi dallo smalto aumenta l’effetto erosivo di una soluzione sperimentale. I meccanismi alla base di questi effetti positivi sono ancora tutti da scoprire; al momento ci sono alcune ipotesi tra cui quella della saponificazione. In pratica, l’idrolisi alcalina dei lipidi potrebbe spiegarne l’effetto protettivo. A fronte dei dati sperimentali c’è purtroppo la scarsità di dati clinici e qualche dato contraddittorio derivante dai pochi studi in vivo; non è ancora chiaro, per esempio, se gli oli si integrino nella pellicola che ricopre i tessuti orali o se vi aderiscano superficialmente. Nel frattempo, continua invece senza sosta la ricerca clinica sugli effetti protettivi degli oli essenziali con le origini più svariate: da quello di limone a quello di Nigella sativa (antiflogistico) per arrivare alla Copaifera officinalis (antibatterico).
da Dott. Marco Sozzi | Gen 16, 2013 | Tutti gli articoli
Nel 2011 Bastendorf rilevò per la prima volta in uno studio condotto in un ambulatorio tedesco specializzato nella profilassi quali effetti a lunga scadenza sono ottenibili per influenzare il fenomeno carie, per il mantenimento della dentatura e la salvaguardia della salute parodontale. Sono stati visitati pazienti che erano clienti dell’ambulatorio di Bastendorf già da giovane età. Oltre a ciò, questi pazienti erano stati sottoposti da circa 30 anni ad una sistematica profilassi individuale, attuata in modo specifico in base all’età e in funzione dei rischi (almeno due volte all’anno). Lo studio clinico era pianificato in modo da poter effettuare per 105 pazienti scelti casualmente una valutazione retrospettiva della variazione della patologia dentale (DMF-T*1) e rilevare il quadro attuale parodontale (PSI*2). Il valore medio iniziale DMF-T pari a 0 è aumentato durante il periodo d’osservazione in media di 3,8 quasi esclusivamente per le otturazioni. Il numero di denti mancanti dopo 30 anni si è attestato ad un valore medio di 0,06. Mancavano soltanto complessivamente 6 denti in 4 pazienti. Questi 4 pazienti appartenevano tutti al gruppo di coloro che avevano interrotto la loro adesione al programma (pazienti che da lungo tempo non partecipavano alle visite di controllo).
Secondo Bastendorf e Bartsch i risultati dimostrano che il programma e i successi della prevenzione dei medici odontoiatri Axelsson e Lindhe possono essere trasferiti anche a uno ambulatorio di profilassi tedesco. I due medici svedesi sono riusciti a dimostrare, già 40 anni fa, che una pulizia dentale professionale, un’istruzione sull’igiene orale e controlli regolari eliminano quasi completamente le carie e le infiammazioni gengivali anche per lunghi periodi. Questi risultati sono stati ripetutamente riconfermati da Bastendorf negli anni scorsi. “Nell’ambito di un’attività di profilassi specializzata con una pulizia dentale professionale eseguita regolarmente è possibile ridurre drasticamente le carie, la perdita di denti e le patologie parodontali rispetto alla media della popolazione”, sottolinea Bastendorf.
La misura del successo della prevenzione dipenderebbe in maniera decisiva dalla determinazione dimostrata nell’attuazione della profilassi professionale nella quotidianità dello studio dentistico e dal periodo in cui ci si sottopone alla prevenzione individuale ambulatoriale. Quindi profilassi sistematica, efficace nel tempo e attuata in modo specifico in base all’età e in funzione dei rischi.
Il risultato dello studio è un indice che segnala l’importanza crescente che avrà in futuro la pulizia dentale professionale.
Lo studio completo è stato pubblicato per la prima volta in “prophylaxe impuls”, edizione 2/12 del 13.6.2012.
*1 DMF-T (decayed-missed-filled teeth)
*2 PSI (indice che valuta la salute del parodonto)
da Dott. Marco Sozzi | Apr 4, 2012 | Tutti gli articoli, uncategorized
Le ricerche in parodontologia, proseguono su più fronti. Oltre al nesso con l’osteoporosi, la parodontite è ora sorvegliata speciale anche in altre specialità. Teniamo sotto controllo la letteratura scientifica e lo scorso luglio è apparso uno studio molto interessante in grado di aprire nuovi stimolanti scenari. Si tratta di una ricerca australiana condotta su 3700 donne in terapia per infertilità. Dividendo il campione in due gruppi, test e controllo, e sottoponendo le donne del gruppo test a terapia parodontale, si è visto che queste ultime avevano un tempo di attesa per la gravidanza statisticamente più breve rispetto al gruppo non trattato parodontalmente. Si può ipotizzare quindi che la compromissione della fertilità, quando siano escluse le cause ostetrico-ginecologiche, possa essere dovuta alla batteriemia sempre presente nella malattia parodontale e alla costante immissione in circolo di tossine batteriche (LPS dei Gram-). E’ possibile che, sebbene ancora da verificare, la presenza di questi batteri e delle loro tossine provochi micro-aborti non rilevati come tali perché precocissimi o impedisca l’attecchimento dell’uovo fecondato.
da Dott. Marco Sozzi | Apr 4, 2012 | Tutti gli articoli, uncategorized
Nessuna tregua contro le sigarette, anche se i fumatori sembrano insensibili a ogni richiamo. Due gli sudi recentiche chiamano in causa il vizio del fumo. Da una parte viene sottolineato una sorta di meccanismo autoimmune che espone i fumatori ai danni del cavo orale, dall’altra viene sottolineato che chi fuma tende a evitare di farsi visitare dal dentista. In uno studio pubblicato sulla rivista a Infection and Immunity un team di ricerca dell‘Università dell’Ohio spiega che oltre a favorire la degenerazione delle cellule della mucosa orale, il fumo sconvolge l’ecosistema locale, determinando un vero e proprio caos nel quale le difese dell’organismo stentano a riconoscere i batteri ad azione positiva dai germi che esercitano invece un’azione patogena. Si determina così una sorta di reazione autoimmune in cui le citochine infiammatorie attivano la flogosi gengivale invece di risultare protettive. Come spiega Purnima Kumar, docente di parodontologia alla Ohio State University, il confronto tra 15 fumatori e 15 non fumatori, tutti sottoposti auna seduta di igiene orale professionale e a prelievi dal biofilm orale dopo uno, due,quattro e sette giorni,evidenzia che in chi fuma la normale flora batterica composta da germi ad azione positiva è assente, mentre i patogeni sono di nuovo presenti dopo sole 24 ore, accompagnati da alte concentrazioni di citochine. Ma, nonostante vadano incontro a problemi odontoiatrici più significativie frequenti, i fumatori trascurano il dentista. Secondo una ricercastatunitense condotta dai Centers for Disease Control sui questionari compilati da 16 mila adulti di età compresatra i 18 e i 64 anni, nonostante i fumatori presentino più del doppio dei problemi odontoiatrici di chi non fuma, il 20 per cento non è mai stato dal dentista negli ultimi cinque anni (contro il 10 percento di chi non ha maifumato o di chi ha smesso)